CAPITOLO III

Internet e l'E-Commerce

3.2 La situazione in Italia ed in Europa

In Italia, nonostante la crisi della new economy, il B2C è in espansione (pur se al disotto delle aspettative) con 425 milioni di euro di revenues nel 2000, contro i 115 del 1999 e i 46 di tre anni fa.
In ogni caso, attraverso Internet ormai gli italiani comprano di tutto: libri, cd, software, attrezzature informatiche, viaggi, prodotti finanziari, biglietti ed alimentari (A&F, 24 settembre 2001, pp. 26 e 56).
La regione che ha la leadership di siti e-commerce è la Lombardia (28% del totale), seguita dalla Toscana (14%), dal Lazio e dall'Emilia Romagna (entrambe al 10%) e dal Piemonte (7%).
Il 41% del totale delle vendite B2C è rappresentato dal made in Italy, seguito da hardware, software ed editoria (all'8%) e di grocery pluriprodotto (al 5%). Interessante è l'ingresso massiccio delle vendite on-line di colossi della grande distribuzione italiana, come Coop ed Esselunga (A&F, 17 settembre 2001, pag. 21).


Fonte: nostra elaborazione www.studioeidos.com

Da una ricerca di mercato condotta da Gfk, per conto del "Wall Street Journal of Europe¹" , è emerso che gli italiani spendono più di altri popoli europei quando fanno acquisti su Internet.
Il pubblico di riferimento dell'indagine ha un'età compresa tra i 14 e i 69 anni, i Paesi coinvolti sono: Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Svezia, Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria.
Il 38% degli italiani ha accesso ad Internet contro il 43% della media europea, il 18% dei nostri connazionali compie acquisti on-line contro il 34% della media europea, ma il dato più curioso è che il 35% spende più di 500 euro (cifra spesa dal 19% degli europei).
I motivi che spingono l'italiano allo shopping su Internet sono la varietà dei prodotti (54%), la possibilità di comprare in ogni parte del mondo (57%) ed a qualsiasi ora (42%).
Fuori dal circuito virtuale, occorre realizzarne uno virtuoso di delivery efficace.
Infatti, un elemento importante del servizio commerciale, tradizionale e digitale, è la funzione distributiva della logistica, che mette a disposizione del consumatore i beni acquistati. Nel commercio elettronico né per il distributore, né per il cliente è necessario svolgere una funzione logistica, che si svilupperà tramite un agente economico specializzato. Inoltre, l'impatto dell'e-commerce sarà profondamente diverso a seconda che si tratti di beni o servizi.
Quando bisogna trasferire fisicamente un bene, il canale virtuale è svantaggiato, poiché il costo di trasporto a carico del distributore si addiziona al prezzo del bene. Per i beni banali, come i prodotti dei supermercati, i costi di natura logistica sono particolarmente elevati e lo svantaggio è maggiore; per i beni problematici, più cari e meno acquistati, per i quali serve un processo di ricerca per avere informazioni sulle varianti disponibili sul mercato, i costi logistici sono minori.
Al contrario, il commercio elettronico è particolarmente indicato per la distribuzione di servizi quando il cliente non interviene direttamente nel loro svolgimento, o può farlo a distanza (come, ad esempio, avviene per i servizi finanziari), od anche quando acquista un diritto ad un servizio che sarà erogato successivamente a condizioni non influenzate dalle modalità di acquisto (caso tipico è quello dei servizi di prenotazione, che possono essere di vario genere: viaggi, biglietti...).
Dalla tabella 3.6, emerge la situazione in Europa dei beni più venduti sulla Rete.
Fatto 100 il totale dei navigatori che acquistano on-line, si vedono quali categorie di beni sono comprati di più: sostanzialmente, ai primi posti si trovano beni banali, per i quali Internet è come una vetrina, poi vi sono vari tipi di servizi.


Fonte: nostra elaborazione studio èidos

Il Boston Consulting Group (Bcg) ha fatto una scoperta interessante nella sua ultima ricerca sull'e-commerce in Europa² : anche se il commercio elettronico non si sviluppa in maniera esponenziale, esso moltiplica le vendite fuori dal web e, quindi, permette ai produttori di beni e servizi un aumento del loro fatturato. In altre parole, la Rete viene utilizzata come una "vetrina" per conoscere il prodotto, che poi viene acquistato normalmente in un negozio od in un grande magazzino.
La ricerca in questione rileva che in Europa il 37% dei "navigatori"utilizza il web per scegliere un bene od un servizio da acquistare. L'85% di costoro, pari al 24% dei "navigatori" farà poi acquisti fuori dalla Rete.
Nei primi tre mesi del 2001, un europeo su sei ha usato la Rete per avere informazioni su prodotti e servizi.
Durante lo stesso periodo, un adulto su undici ha fatto un ordine on-line. In Europa, in termini di commercio sul web, Danimarca, Svezia e Svizzera sono in testa, mentre il Belgio insieme al Lussemburgo, l'Italia e la Spagna contano una quantità davvero esigua di traffico commerciale.
In particolare, in Spagna, la cosiddetta new economy sta generando, il 25,46% dell'occupazione³ . Paradossalmente, la creazione di posti di lavoro corre parallelamente allo stallo di tutto il settore. Anna Birulés, ministro della Scienza e della Tecnologia, ha puntualizzato il problema della carenza in Spagna di manodopera specializzata nel settore delle nuove tecnologie, e ha ricordato che il suo ministero ha lanciato un programma di formazione per 14.000 disoccupati al fine di coprire le mancanze di questo settore.
La Birulés ha altresì segnalato che il ministero promuoverà azioni per stimolare la formazione degli spagnoli relativamente alle nuove tecnologie. Una delle principali strategie attuate è l'approvazione di incentivi fiscali all'acquisto di computer.
Metà degli europei che negli ultimi sei mesi si sono collegati alla Rete per avere informazioni sui prodotti, hanno fatto un ordine.
Guidano la classifica inglesi, norvegesi e svedesi, mentre gli italiani e gli spagnoli sono più riluttanti ad utilizzare il commercio on-line.
Gli europei, tuttavia, sono ben lontani dai valori USA, dove il 30% dei navigatori compra on-line e ben il 74% di questi fa acquisti in Rete ogni mese.
Da tutti questi dati emerge che è estremamente rilevante integrare Internet con i canali tradizionali, anche per i futuri possibili risvolti occupazionali.
Multicanalità, sembra essere questa la parola magica dell'e-commerce: è così che Internet può incrementare il fatturato di un'azienda.
Infatti, è tramontata l'idea dei pure-player4 di commerciare solo sulla Rete: Internet va usato come un altro canale da integrare alla rete distributiva reale, assieme ai suoi magazzini e servizi. Chi riesce a far questo può guadagnare bene, come dimostra il caso del supermercato britannico Tesco5 (A&F, 23 luglio 2001, pag. 25) e, quindi, può anche crescere ed aumentare la sua necessità di personale. Viceversa, anche operatori nati sulla Rete stanno creando sul territorio punti vendita col loro marchio, in cui si possano reperire i loro prodotti.
Tale strategia è perseguita tra le altre da Chl, Attinet ed Esperya (A&F, 26 novembre 2001).
In altre parole, individuare una "ricetta" per instaurare una sana collaborazione tra rete reale e Rete virtuale, potrebbe generare un incremento di produzione ed occupazione, che gioverebbe all'intero sistema, aumentando il benessere. Nonostante la crisi del commercio elettronico, cominciata a Natale 1999, dopo una serie di scelte sbagliate, anche Amazon è riuscita ad applicare, personalizzandola, tale ricetta con successo.
Anziché fare concorrenza alla distribuzione tradizionale (ipermercati, grandi magazzini, catene di rivenditori specializzati) ha imboccato la strada delle alleanze: ha scelto di non vendere tutto in proprio, ma di offrire il proprio know how nella logistica e nell'utilizzo di Internet, "ospitando" sul suo portale i negozi on-line di altre imprese.
Per Amazon, l'offerta di tali servizi ad altre aziende fornisce margini di redditività altissimi (fino al 60% lordo) rispetto al commercio elettronico diretto, ma costituisce ancora solo un decimo del suo fatturato (A&F, 15 ottobre 2001, pag. 8).
Comunque, il leader dei siti che fanno e-commerce6 resta eBay con 8 miliardi di pageview negli ultimi tre mesi del 2000, ben più del doppio dei 3 miliardi e 200 milioni di Amazon. Gli altri siti del settore si fermano a meno di un miliardo di visitatori, come riportato in tabella 3.7.


Fonte: nostra elaborazione Alexa Research

 


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