CAPITOLO IV

L'Outsourcing

4.2 Le figure dell'outsourcing.

Le figure implicate nell'outsourcing sono essenzialmente tre: oltre all'impresa che esternalizza la propria attività, ritroviamo il provider (o vendor o outsourcer) e le imprese alle quali il provider si rivolge. La figura centrale è senz'altro il provider, cioè quell'impresa che si impegna a fornire i beni ed i servizi richiesti, nei tempi desiderati all'impresa che ha esternalizzato l'attività.
Generalmente il provider ha a disposizione un paniere di imprese alle quali fare riferimento per ottenere i beni ed i servizi da fornire; potendo contare su una grossa quantità di richieste provenienti da clienti diversi, il vendor può generare risparmi di scala, potendo offrire quindi prodotti e servizio di ottima qualità a prezzi vantaggiosi.
Inoltre, nei tipi di outsourcing più estesi, il provider opera a stretto contatto con i suoi clienti al fine di definire al meglio strategie ed obiettivi, individuando i problemi e ricercandone le soluzioni migliori, preoccupandosi di introdurre i cambiamenti in modo graduale e non troppo repentino, onde evitare alcuni iniziali comprensibili squilibri.
Nell'implementazione dei processi outsourcing, infatti, si procede per gradi tanto che alcuni outsourcer, in un primo tempo, inviano del personale nell'impresa cliente per collaborare nella determinazione delle strategie di BPR, oppure semplicemente per aiutare a formare il personale nell'ambito dell'outsourcing e sviluppare un team di lavoro che costituisca l'interfaccia di riferimento nelle relazioni che si instaurano nei confronti del provider.
Proprio per quanto appena detto, l'applicazione di questo strumento manageriale, presuppone di riuscire a trovare vendor adatti alle esigenze dell'impresa: affidandosi ad operatori qualificati, non solo si delegano attività e funzioni, ma si acquisiscono competenze e specificità di settore, altrimenti non alla portata.
Si tratta di una condizione oggettiva, oggi facilmente superabile dal fiorire di un ampio mercato di provider.
Il maggior ostacolo all'implementazione dell'outsourcing, rimane tuttavia la diffidenza derivante dal dover abbandonare il controllo di una parte delle attività aziendali. Si tratta di una remora psicologica di carattere soggettivo piuttosto comprensibile: perché rinunciare al controllo di un'attività fino ad oggi svolta nell'azienda? In realtà, il controllo non lo si perde comunque: innanzitutto perché nelle forme per così dire "base" di outsourcing, il controllo sulle attività delegate può rimanere al cliente del vendor; in secondo luogo perché terziarizzare un'attività non significa affatto acquistare un servizio o un prodotto a scatola chiusa: vi sono, infatti, accordi ben precisi che legano le imprese e i outsourcer; infine perché i vantaggi ottenibili sono ampiamente premianti.
L'introduzione dell'outsourcing in un'impresa non è comunque un'operazione facile.
E' possibile per un impresa non riuscire ad ottenere risultati apprezzabili se l'adozione di questo strumento non avviene con criteri corretti.
Terziarizzare un'attività aziendale, per quanto essa possa essere marginale rispetto al core business, comporta il dover ridisegnare strutture organizzative interne, e ciò significa dover seguire alcune tappe:

L'outsourcing non è la soluzione di alcun problema se applicato su basi sbagliate o imprecise: le esperienze più deludenti rispetto alle aspettative sui risultati ottenuti attraverso l'outsourcing derivano, a monte, da una superficiale o errata interpretazione dei problemi da risolvere; lo screening delle attività e delle strutture da esternalizzare e le valutazioni sulle conseguenze dell'assetto organizzativo dell'impresa, devono essere ben definite.
In secondo luogo, si dovrà tenere ben presente il tipo di obiettivi che l'impresa vuole raggiungere nel tempo.
Se l'outsourcing diventa lo strumento per ottenere risultati a breve termine o per risolvere emergenze momentanee, senza impostare alcun obiettivo strategico nel lungo periodo, i riscontri potrebbero rivelarsi effimeri e portare come conseguenza la destabilizzazione dell'impresa nel futuro.
In questo senso è tipico l'esempio di un'impresa in difficoltà finanziarie, che può decidere di stringere un accordo per delegare ad un provider la fornitura di un determinato particolare del suo prodotto finale attualmente costruito negli stabilimenti dell'azienda; ciò può comportare la cessione di macchinari ed infrastrutture (cioè ad una mobilizzazione parziali) che consente di flessibilizzare i costi e di risolvere momentaneamente l'emergenza finanziaria.
E' chiaro però che se i problemi di base che hanno prodotto quella situazione non vengono risolti, lo strumento dell'outsourcing diventa inutile nel lungo periodo e ben presto il problema si ripresenterà.
Al contrario, è importante implementare l'outsourcing in un quadro di sviluppo aziendale poggiato su programmi a lungo termine, che prevedano ad esempio, l'adozione di strutture organizzative più agili, più centrate sulla "mission" dell'impresa.
Il maggior cash-flow conseguente alla dismissione di capitali immobilizzati sarà una conseguenza positiva, ma certamente in questo contesto non sarà ne' effimera, ne' unica.
Infine, bisognerà tenere in considerazione la resistenza al cambiamento di alcuni enti aziendali; è del tutto normale che la perdita di un'attività comporti delle perdite di potere decisionale per gli enti interessati e che quindi l'outsourcing non venga inizialmente ben accettato.

 


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